SAPERE I SAPORI
By Walter Potenza
SAPERE I SAPORIMay 01, 2023
{44} LE TREE PASTE FARCITE
100 secondi sulle paste farcite con Walter Potenza.
Benvenuti a "Sapere i Sapori", il podcast che vi porta in un viaggio attraverso i gusti e gli aromi della vera gastronomia italiana.
I ravioli sono famosi in Liguria, composti da strati sottili di pasta ripiena. La preparazione coinvolge: impasto della pasta con farina, uova e sale; preparazione del ripieno con ingredienti vari; assemblaggio e taglio dei ravioli; cottura in acqua salata fino a che non galleggiano. Possono essere serviti con diverse salse.
I tortellini dell'Emilia-Romagna sono preparati con pasta simile ai ravioli, ripieni di carne di maiale, prosciutto, mortadella, parmigiano e spezie. L'impasto è steso, tagliato in cerchi, riempito e piegato a mezzaluna per formare la caratteristica forma di tortellino. Vengono cotti in brodo di carne o acqua salata e possono essere serviti con brodo o burro fuso e salvia.
Gli agnolotti piemontesi, simili a pacchetti, sono fatti con pasta di farina e uova, ripieni di carne, verdure, formaggio e aromi. L'impasto è tagliato in quadrati, riempiti, piegati a triangolo e sigillati. Vengono cotti in acqua salata e serviti con salse come burro fuso, salvia e parmigiano o sughi più ricchi. Questi piatti rappresentano l'arte della pasta ripiena italiana, con lievi variazioni regionali.
Ed e'tutto per questo breve episodio.
{43} I VINCISGRASSI
100 secondi sui Vincisgrassi con Walter Potenza.
I Vincisgrassi sono un piatto tradizionale delle Marche, una regione situata nel centro Italia. La loro storia risale al XIX secolo e si ritiene che il nome derivi dalla famiglia austriaca dei Windischgrätz, che in quel periodo governava la regione. La ricetta originale prevedeva l'utilizzo di sfoglia di pasta all'uovo, ragù di carne, prosciutto crudo, funghi, besciamella e formaggio grattugiato. Gli ingredienti venivano alternati in più strati e infornati per creare un piatto ricco e saporito.
Il Vincisgrassi divenne presto un piatto molto popolare tra le famiglie nobili delle Marche, che lo servivano durante i loro sontuosi banchetti. Nel corso degli anni, la ricetta subì alcune modifiche, ma rimase sempre uno dei piatti più rappresentativi della cucina marchigiana.
Oggi il Vincisgrassi è diffuso in tutta la regione e viene preparato in molte varianti, a seconda dei gusti e delle tradizioni locali. In alcune zone si utilizza il pollo al posto della carne di manzo, mentre in altre si aggiungono verdure come zucchine, carote e piselli. Nonostante le differenze, il Vincisgrassi rimane un piatto molto apprezzato dalle famiglie marchigiane e dai turisti che visitano la regione alla ricerca delle sue prelibatezze gastronomiche.
{42} IL CAFFE SOSPESO
Salve gentili ascoltatori:
Chissà per quali strani meccanismi usanze antiche (e mai sparite, checché se ne dica) tornano alla ribalta, da un giorno all’altro, varcando non solo i confini della città alla quale appartengono ma addirittura quelli nazionali. Qualcuno dice che dipende dalla crisi, ma ormai di qualsiasi fenomeno sociale e di costume si dice la medesima cosa. Forse, più semplicemente, una bella abitudine un tempo circoscritta a una città gode oggi di nuova fortuna, internazionale, grazie all’ampiezza e alla facilità delle comunicazioni.
Del caffè sospeso parlò qualche anno fa Luciano De Crescenzo in un suo libro. Ma i napoletani ne avevano esperienza quotidiana e personale: si entrava in un bar, si ordinava un caffè e se ne pagavano due o più, lasciando quelli non consumati “sospesi”. Vale a dire che, in seguito, chi fosse privo di mezzi poteva affacciarsi nel locale e domandare se ci fossero sospesi. In caso di risposta affermativa, poteva consumare gratuitamente il caffè già pagato da un precedente cliente.
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{41} I DOLCI DI NATALE IN ITALIA
Lo Chef Walter Potenza esplora i dolci di Natale nel Nord e Centro Italia.
Viaggio alla scoperta dei dolci tipici del Natale nel nord e nel centro ItaliaSi avvicinano le feste e gli odori tipici e avvolgenti inebriano le strade di tutte le città italiane. Il nord e il centro del Paese sono ricchi di dolci tipici di Natale, pronti ad imbandire le tavole.
È bello vivere l’attesa del Natale passeggiando davanti alle vetrine delle pasticcerie dei centri cittadini, uscire dai forni di quartiere con vassoi pieni di leccornie e ripercorrere di generazione in generazione versioni di famiglia di ricette della tradizione.
Ecco i dolci tradizionali dal nord fino al centro Italia da non perdere per Natale.
{40} PANDORO O PANETTONE DILEMMA
In questo episodio lo chef Walter Potenza, analizza i due piu famosi regali zuccherati per il Natale. Il famoso dilemma riappare tutti gli anni. Pandoro o Panettone. Ascolta qui tutte le differenze.
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{39} COME SCEGLIERE IL PANETTONE
Walter Potenza offre dei suggerimenti su quale panettone acquistare, con dei consigli, e delle accortezze da considerare.
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{38} I PROFUMI DEL NATALE
Lo Chef Walter Potenza, esplora i vari profumi che fanno parte dela cucina Natalizia. la cannella, i chiodi di garofano, il peperoncino, e la noce moscata.
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{37} LA STORIA DEI CARCIOFI ALLA GIUDIA
Sapere I Sapori esplora i carciofi alla Giudia.
Cari golosi ascoltatori, e amanti della cucina, oggi sono entusiasta di raccontarvi la storia di un piatto tanto delizioso quanto misterioso: i carciofi alla giudia. Se come me avete sempre amato questo piatto e vi siete chiesti almeno una volta nella vita perché diavolo si chiamano così, allora siete nel posto giusto.
La storia dietro i carciofi alla giudia ci porta indietro nel tempo, fino a quando Roma era la capitale del mondo conosciuto. Durante il periodo del ghetto ebraico, nel cuore della città eterna, vennero creati piatti che rappresentavano un connubio di cucina e tradizioni culturali. Possiamo concordare nel dire che identifica in primis il ghetto di Roma.
La ragione per cui sono chiamati "alla giudia" è un enigma intrigante. Alcuni dicono che il nome derivi dalla popolazione ebraica che viveva nel ghetto di Roma, ma io, come amante di storia gastronomica e curioso, ho cercato di scavare più a fondo. Secondo alcune fonti, il nome potrebbe riferirsi all'uso di olio d'oliva nell'antica tradizione ebraica di cucina. Gli ebrei, rispettando le loro leggi religiose, preparavano il cibo con olio d'oliva durante le festività, e il fatto che i carciofi vengano fritti in abbondante olio d'oliva potrebbe spiegare il riferimento alla cultura ebraica.
Quali carciofi scegliere?
La scelta dei carciofi giusti è fondamentale per preparare carciofi alla giudia deliziosi. Ecco alcuni consigli su quale tipo di carciofi utilizzare e in quale periodo dell'anno sono più adatti:
Tipo di carciofi: I carciofi ideali per la preparazione dei carciofi alla giudia sono quelli chiamati "Cimaroli" o "Mammole." Questi sono carciofi con foglie tenere e polpose, che si prestano bene alla frittura in quanto diventano croccanti all'esterno e morbidi all'interno. Scegliere carciofi freschi e giovani è essenziale, poiché quelli più maturi tendono ad avere foglie più dure e pelose, rendendo la preparazione più complessa.
Periodo dell'anno: La stagionalità dei carciofi è un fattore importante per ottenere i migliori risultati in cucina. La stagione ideale per i carciofi "Cimaroli" o "Mammole" è la primavera, in particolare da marzo a maggio. Durante questi mesi, i carciofi sono freschi, teneri e abbondanti sul mercato, il che li rende la scelta perfetta per preparare i carciofi alla giudia. Durante il resto dell'anno, potrebbe essere difficile trovare carciofi di alta qualità o potrebbero essere più costosi.
Quindi, se volete godere appieno della tradizione dei carciofi alla giudia, cercate carciofi freschi e giovani, come i "Cimaroli" o "Mammole," durante la primavera. Questo vi permetterà di sfruttare al massimo il loro sapore e la loro consistenza per creare un piatto delizioso che omaggia la cucina romana ebraica.
Da dove provengono?
L'origine esatta della coltivazione dei carciofi è oggetto di dibattito tra gli studiosi, ma si ritiene che siano stati coltivati per la prima volta nell'area mediterranea. Si ritiene che i carciofi selvatici, da cui discendono le varietà coltivate, siano originari dell'Asia Minore (l'attuale Turchia) e si siano diffusi nell'area del Mediterraneo in tempi antichi.
I carciofi erano conosciuti dagli antichi Romani e Greci, e venivano coltivati e apprezzati sia per il loro sapore unico che per le loro presunte proprietà mediche. Le prime testimonianze scritte sulla coltivazione dei carciofi risalgono all'antica Grecia, dove furono descritti da filosofi e scrittori.
Quindi, sebbene non si possa attribuire la coltivazione dei carciofi a una singola persona o cultura, è possibile dire che i carciofi sono stati coltivati e apprezzati per migliaia di anni nell'area del Mediterraneo e sono diventati un elemento importante nella cucina di molte culture. La loro storia è ricca di tradizioni culinarie e mediche che si sono tramandate nel corso dei secoli.
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{36} I CARCIOFI ALLA GIUDIA ricetta
Che cosa cuciniamo oggi? Seguite la ricetta dello Chef Walter Potenza che vi propone i carciofi alla Giudia del ghetto Romano di Porta Ottaviana.
Ricetta dei Carciofi alla Giudia
Ingredienti:
- 4 carciofi freschi e teneri
- Olio d'oliva extra vergine
- Sale marino
- Pepe nero
- Limone
- Foglie di prezzemolo fresco (per guarnire)
Istruzioni:
- Iniziate pulendo i carciofi. Tagliate via le foglie esterne più dure fino a quando si raggiungono le foglie tenere e più chiare. Tagliate la parte superiore dei carciofi, rimuovendo le punte spinose.
- Tagliate i carciofi a metà in senso longitudinale. Immergeteli in acqua fredda con il succo di limone per evitare che si ossidino e diventino scuri.
- In una pentola abbastanza grande, scaldate abbondante olio d'oliva fino a quando inizia a friggere. La temperatura ideale dell'olio è di circa 180 gradi Celsius.
- Asciugate bene le metà di carciofo con un canovaccio pulito. Attenzione, devono essere ben asciutti per evitare schizzi pericolosi nell'olio bollente!
- Con attenzione, immergete le metà dei carciofi nell'olio bollente e friggeteli fino a quando diventano dorati e croccanti. Ci vorranno circa 5-7 minuti per lato. Assicuratevi di girarli con una pinza per cuocerli uniformemente.
- Una volta pronti, scolate i carciofi su un piatto foderato con carta assorbente per rimuovere l'olio in eccesso.
- Salate e pepate i carciofi alla giudia appena sfornati e guarniteli con foglie di prezzemolo fresco.
Eccoci qui: Avete appena creato un autentico capolavoro culinario ispirato alla tradizione romana ebraica. Serviteli caldi come antipasto o contorno e gustateli con un buon vino bianco e secco, possibilmente dalle zone del Frascati. I carciofi alla giudia sono un'esplosione di sapore e storia, un omaggio alla cucina che attraversa i secoli. Quindi, quando la prossima volta vi godrete questi deliziosi carciofi, ricordatevi della loro affascinante storia e dell'arte culinaria che si cela dietro a ogni morso.
[35} LA CUCINA EBRAICA IN ITALIA
Sapere I Sapori sulla Cucina Ebraica in Italia.
CUCINA EBRAICA IN ITALIA
Parlando di cucina ebraica, bisogna distinguere fra le molte cucine delle diverse comunità israelitiche sparse per il mondo, e in particolare per l'Europa, il Mediterraneo e il Vicino Oriente.
Ciascuna di esse, pur mantenendo fondamentali radici comuni, fra cui naturalmente quelle collegate all'osservanza dei precetti religiosi, ha assorbito caratteristiche specifiche delle regioni geografiche in cui si è trovata, talvolta trasportandole in altre regioni a seguito di esodi e migrazioni.
L’evoluzione della cucina ebraica nel vecchio continente passa per l’allontanamento degli Ebrei dalla Palestina meso in atto dai romani nel 70 d.C. e la successiva distinzione degli Ebrei fuoriusciti in: ashkenaziti e sefarditi.
Il nome dei primi deriva da “Ashkenaz” (Germania) e indica le comunità stabilitesi nell’Europa centrorientale. Quello dei secondi proviene da “Sepharad” (Spagna) e identifica gli ebrei della Penisola Iberica e della Francia meridionale.
Questa distinzione si ritrova anche in cucina dove, ferme restano le norme religiose, gli ashkenaziti spiccano per sobrietà (brodo, pesci ripieni, aringa, patate, composte di frutta), mentre i sefarditi apprezzano piatti più sostanziosi e aromatici (stufato di carne e prugne, pesce in agrodolce, insalata di carote al cumino).
La cucina ebraica ha sempre esercitato una forte attrattiva sui buongustai europei, sia per l’impiego di ingredienti poco consueti che per l’uso di spezie e particolari tecniche di preparazione.
Quest’alimentazione è pervasa da sentori di cannella, zenzero e altri aromi, ma anche d’aglio, coriandolo, menta e zafferano.
L’esperienza italiana si presenta divisa dalla linea di spartizione costituita dalla dorsale appenninica.
Da una parte, nelle comunità della valle del Po, dal Piemonte al Veneto e alle Romagne, oltre che nelle località delle Marche e del litorale adriatico, stà un'alimentazione e una gastronomia caratterizzate dai consumi dell'oca (allevata come succedaneo del proibito maiale), dei suoi insaccati e derivati (prosciutti, salami, foie gras, griboli, eccetera).
Si tratta di una cucina unta con il grasso dell'oca, che nasceva dalla fusione di elementi propri della cucina araba con i piatti popolari della pianura padana, dove erbe e radici venivano consumate in grande quantità.
Importante in questa area anche i sapori orientali in agrodolce come le celebri sarde in saor.
A fianco della gastronomia padano adriatica, troviamo un'altra cucina ebraica, quella rappresentata dagli ebrei di Roma, caratterizzata dall'uso pressoché esclusivo dell'olio d'oliva per la cottura e il condimento.
Questa cucina, che chiameremo romano tirrenica, condizionata da forti influssi meridionali, si introdusse in seguito, almeno in parte, nelle comunità di origine sefardita della Toscana, specialmente a Livorno.
Se gli ebrei romani, a seguito delle ingerenze pontificie, s'inventarono gli aliciotti con l'indivia (tortino fatto di acciughe), o il baccalà servito con una salsa agrodolce, i livornesi tra Settecento e Ottocento crearono il cacciucco, anche se senza i vietati molluschi.
Gli ebrei sono sepre stati famosi per i loro dolci tipici e ricercati. Nell’area nord era popolare la spongata, mentre al centro si preperiva il tortolicchio (miele e mandorle), dolce speciale della festa di Purim (carnevale degli ebrei) dalla origini medievali.
Vi invito cosi a seguirci sui nostri podcasts e riviste on-line. Avrete tutti I links nello show notes di questo episodio.
Un grazie per avermi accompagnato. Ci sentiamo al prossimo assaggio di "Sapere i Sapori"! Buona Cucina a Tutti!
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{34} LA MORTADELLA DI PRATO IN DETTAGLI
Sapere I Sapori
Siamo tutti a conoscenza della piu famosa, quella di Bologna, ma anche la Toscana ha il suo vanto negli insaccati di prestigio. E un prodotto di salumeria ÍGP appartenente alla categoria degli insaccati cotti costituito da un impasto di carni suine, aglio, sale marino e alchermes. La zona di produzione della Mortadella di Prato comprende l’intero territorio del comune di Prato e dei comuni di Agliana, Quarrata e Montale in provincia di Pistoia, nella regione Toscana.
Il processo di lavorazione prevede una prima fase costituita dalla selezione delle carni di suino ammesse quali spalla, rifilatura prosciutto, lardo, capocollo, guanciale, pancetta. I tagli così selezionati vengono lavorati manualmente con l’ausilio di un coltello, sezionati in cubetti e lasciati riposare in celle frigorifere per 24 ore. Le parti magre delle carni vengono macinate nel tritacarne e poi miscelati con i cubetti di lardo, il sale marino, l’aglio, il pepe, le spezie e infine amalgamate con l’alchermes. Il composto ottenuto viene poi insaccato e legato in budelli naturali o involucri sintetici. Segue la fase della stufatura, dove il prodotto viene appeso in appositi locali con una temperatura progressivamente decrescente per 1-3 giorni. Ultimata la stufatura, si procede con la fase della cottura, in forno a vapore fino al raggiungimento al cuore del prodotto di una temperatura di 70°C, oppure in caldaia. Subito dopo il prodotto viene risciacquato, raffreddato in cella frigo per 24-48 ore ed asciugato 20 minuti prima del confezionamento. Per quanto riguarda l'Aspetto ed il sapore la Mortadella di Prato IGP ha una forma cilindrica o ellittica. Al taglio presenta una consistenza soda e compatta, colore è rosa più acceso per la presenza colorante dell’alchermes, con macchie di bianco dovute ai cubetti di grasso. Il profumo è penetrante e speziato, mentre il sapore è bilanciato fra il contrasto della nota calda e pungente delle spezie, dell’aglio e del sale marino con quella dolce e delicata dell’alchermes.
La sua Storia e'certamente molto singolare. I primi documenti certi sulla Mortadella di Prato come prodotto originario della città toscana risalgono al 1733, in occasione della beatificazione di suor Caterina de’ Ricci, quando le monache dei monasteri domenicani di Prato allestirono per gli ospiti un pranzo dove essa figura come specialità locale. Nasce dall’esigenza di usare al meglio le carni scartate nella preparazione dei salami, insaccandole dopo averle aromatizzate con spezie e liquori e cotte in acqua. Il prodotto, di origine medievale, è caratterizzato dalla presenza originale dell’alchermes, liquore color porpora ricavato un tempo dalla cocciniglia, la celeberrima “grana del tintore”, utilizzato come colorante e aromatizzante e da una abbondante speziatura, utile per conservare il prodotto.Gastronomia Come la maggior parte dei salumi cotti, la Mortadella di Prato IGP non va mai riscaldata, ma gustata a temperatura ambiente. E'certamente perfetta quando abbinata con i fichi, preferibilmente di varietà Dottato (di Carmignano), e il Pane Toscano DOP, preparato senza sale. Fin dal ‘700, si usa gustare localmente la Mortadella di Prato IGP nella cucina tradizionale come ingrediente di molte ricette tipiche, tra le quali i "sedani alla pratese". È commercializzato intero, in tranci o a fette. Esiste una Nota distintiva di particolare rilievo. La presenza dell’alchermes come ingrediente della Mortadella di Prato IGP è un sicuro marcatore dell’origine. L’alchermes è infatti un liquore di colore rosso vivo ottenuto un tempo esclusivamente dalla cocciniglia, un insetto parassita essiccato e polverizzato, che per secoli è stato adoperato nella tintura dei tessuti, da sempre l’attività economica principale della città.
{33} LA STORIA DELLE TORTE SALATE
Sapere I Sapori
Fu soprattutto a partire dal XIII secolo che il pane cominciò a riempirsi di ogni sorta d'ingredienti, carne, pesce, ortaggi erbe, uova, formaggi, secondo la stagione e l'offerta del mercato, le possibilità e i gusti di ciascuno, le tradizioni e gli usi locali. Nascevano così le cosiddette «torte rustiche» o «salate » dette anche pastelli, pasticci, coppi.
Nel Medioevo la crosta esterna si preferiva dura e non veniva mangiata; più tardi la si rese commestibile, di pasta frolla o sfogliata entrambe piu delicate. Di queste torte capita spesso di parlare quando si affronta il tema della cucina italiana e delle sue declinazioni regionali, o meglio 'cittadine', perché sono soprattutto le città nel nostro paese, a sviluppare la cultura gastronomica assicurandosi le risorse del territorio, rielaborandone i saperi e mettendoli in circolazione attraverso la rete dei mercati locali.
Proprio l'esistenza di questa rete mi fa pensare a una cultura 'nazionale' che tiene unita l'Italia ben prima che esso trovi - nel diciannovesimo secolo - un'unità anche politica.
Dal punto di vista culturale (stiamo parlando di cucina, dunque di cultura) la comunità italiana possiamo ravvisarla nei ricettari medievali e rinascimentali, che non esprimono mai tradizioni 'locali', ma piuttosto il loro incrociarsi, in un rimescolamento di prodotti e di ricette che percorrono il paese in tutte le direzioni.
Bartolomeo Scappi, il più grande cuoco italiano del Rinascimento ha lasciato nel suo ricettario, pubblicato nel 1570, una vastissima raccolta, quasi un'antologia di ricette locali. Tutte gli sembrano ugualmente interessanti e degne di menzione. Per le torte propone quattro modelli: all'uso di Milano, di Bologna, di Genova e di Napoli. La vivanda è più o meno la stessa, espressione di una cultura ampiamente condivisa.
Diversi sono gli ingredienti, i tipi di carne e di verdura, i grassi utilizzati (burro a Milano, olio a Genova), l'altezza del manufatto, la sua forma (la torta napoletana può essere aperta anziché chiusa, inglobando il modello della pizza). Come in tanti altri casi, la pluralità delle esperienze viene democraticamente rispettata: ogni ricetta è a suo modo 'vera' e 'autentica', e non avrebbe senso - pare dirci Scappi - chiedersi quale sia la migliore. Assaggiatele tutte, decidete voi. L'Italia è grande e il suo patrimonio appartiene a tutti.
{32) IL MINESTRONE ANALIZZATO
Sapere I Sapori
Pur con mille sfaccettature diverse il minestrone di verdure è un piatto che unisce il paese dall’estremo Nord al Sud più profondo; piatto simbolo della cena italiana fino agli anni settanta, ha subito l’oblio di tanti altri piatti della tradizione casalinga regionale, ma ora rialza il capo, e la varietà di zuppe che il nostro paese può proporre solletica le papille dei visitatori stranieri, soprattutto di quelli, sempre più numerosi, provenienti dai paesi dell’est europeo e dal nord che hanno radicata l’abitudine di includere una zuppa nei loro pasti.
- in Lombardia al posto della pasta troviamo il riso;
- in Veneto non mancheranno mai i fagioli;
- fagioli e fagiolini in Liguria, insieme al basilico e spesso il tocco finale del pesto;
- a Roma troviamo i carciofi;
- erbe selvatiche e legumi caratterizzano le zuppe abruzzesi e molisane;
- a Napoli è immancabile l’aggiunta di pomodoro;
- in Puglia compaiono le cime di rapa e non manca il pecorino.
La base è un misto di verdure a tal punto che la parola stessa “minestrone” è diventata sinonimo, spesso purtroppo in negativo, di grande mescolanza, di enorme confusione ed in effetti il nostro minestrone è in fondo una ricetta assai anarchica, certo codificata ma con ampi margini di interpretazioni personali e di differenziazioni regionali sia tra le verdure e i legumi sia per i tipi di pasta che lo accompagnano, ad esempio La “povertà” del minestrone è qualche volta nobilitata da aggiunte di un elemento proteico che può essere presente nel soffritto come il lardo o la pancetta, in molte zone si aggiungevano le croste del parmigiano prima bruciacchiate e ripulite, raramente qualche pezzo di carne o forse un osso con un po’ di carne…Anche perchè in fondo: un buon piatto di minestrone fa sentire il servo padrone. E con questo, giungiamo alla fine dell'episodio odierno di "Sapere i Sapori".
Spero che abbiate gustato questo viaggio nel mondo della gastronomia italiana tanto quanto io. Ricordate sempre che la cucina italiana è molto più di un semplice pasto: è una celebrazione della cultura, della passione e della connessione umana. Se volete continuare ad esplorare e imparare, non dimenticate di iscrivervi al nostro podcast e di seguirci su tutti i principali canali social descritti nello show notes. Un grande grazie per averci accompagnato. Ci sentiamo al prossimo assaggio di "Sapere i Sapori"!
{31} LA PASTA CON LE SARDE ANALIZZATA
Sapere I Sapori
La pasta con le sarde è un piatto tradizionale della cucina siciliana che risale almeno al XIX secolo. La sua origine esatta è sconosciuta, ma si crede che sia stata influenzata dalle cucine araba e spagnola, che hanno avuto una forte presenza nell'isola nel corso dei secoli.
Le sarde sono un pesce abbondante e economico in Sicilia, dove sono stati pescati per secoli. La pasta con le sarde è diventata un piatto popolare tra i pescatori e le loro famiglie, e si è diffusa poi in tutto l'isola e oltre.
La pasta con le sarde tradizionale è fatta con spaghetti o bucatini, le sarde fresche o salate, finocchietto selvatico, pangrattato, pinoli e uvetta. Questi ingredienti creano un sapore unico e speziato che è diventato una firma della cucina siciliana.
Ci sono molte storie sulla nascita di questo piatto. Alcuni credono che sia stato creato da un pescatore che aveva solo questi ingredienti a disposizione, mentre altri credono che sia stato creato da un cuoco che cercava di creare un piatto semplice e gustoso per i pescatori.
La pasta con le sarde è diventata un piatto famoso in tutto il mondo grazie ai cuochi italiani che l'hanno portata fuori dall'isola. Oggi, si può trovare in molti ristoranti italiani e viene spesso servita in occasione di eventi speciali o cene eleganti.Nonostante la sua fama, la pasta con le sarde è rimasta un piatto semplice e accessibile, che richiede solo pochi ingredienti freschi e di qualità.
È un esempio di come la cucina italiana si basa sulla qualità degli ingredienti e sulla semplicità della preparazione. In conclusione, la pasta con le sarde è un piatto tradizionale della cucina siciliana che ha una storia lunga e interessante. Grazie alla sua semplicità e al sapore unico, è diventato un piatto famoso in tutto il mondo e rappresenta l'essenza della cucina italiana.
Per tutti i testi sottoscrivetevi qui.
{30} I SABADONI ROMAGNOLI
Benvenuti a "Sapere I Sapori: Il Podcast della Cucina Italiana".
Oggi ci immergeremo nella dolce tradizione romagnola per scoprire un delizioso tesoro culinario chiamato "Sabadoni". In questo episodio, esploreremo la storia di questo dolce unico e condivideremo una ricetta tradizionale per permettervi di assaporare questa prelibatezza a casa vostra.
I Sabadoni sono un dolce originario della regione della Romagna, nel nord dell'Italia. Questo dessert, spesso associato alle festività natalizie, ha una storia ricca e affascinante che risale a diversi secoli fa.
Le origini del nome "Sabadoni" sono incerte, ma si ritiene che possa derivare dalla parola "sabbia", probabilmente perché la consistenza del dolce ricorda la sabbia fine. La sua forma caratteristica è quella di un piccolo cilindro leggermente bombato, simile a un biscotto.
La leggenda narra che i Sabadoni siano stati creati dai monaci nel Medioevo. Essi utilizzavano farina, zucchero e uova per creare una sorta di pane dolce, che veniva distribuito ai pellegrini in viaggio lungo la Via Emilia. Nel corso dei secoli, la ricetta è stata tramandata di generazione in generazione, diventando una specialità della cucina romagnola.
Un altro aspetto interessante della storia dei Sabadoni è il loro legame con il Natale. Tradizionalmente, questi dolci venivano preparati durante il periodo natalizio e offerti come dono agli amici e ai parenti. Era considerato un gesto di affetto e di augurio di prosperità per il nuovo anno. Ancora oggi, i Sabadoni sono un elemento imprescindibile della tavola natalizia in molte famiglie romagnole.
La preparazione dei Sabadoni richiede pochi ingredienti, ma una grande attenzione ai dettagli. La ricetta tradizionale prevede farina, zucchero, uova, burro e lievito. L'impasto viene lavorato con cura e modellato in piccoli cilindri, che vengono successivamente cotti in forno fino a raggiungere una delicata doratura. Il risultato è un dolce friabile e leggermente burroso, perfetto per accompagnare una tazza di tè caldo o una tazza di caffè.
I Sabadoni sono un piacere per il palato e rappresentano una prelibatezza che merita di essere gustata. La loro consistenza sabbiosa e il sapore dolce delicato li rendono irresistibili per molti amanti dei dolci.
Oggi, i Sabadoni sono disponibili anche al di fuori della Romagna, grazie alla diffusione delle ricette tradizionali e all'interesse per le specialità regionali. È possibile trovarli in alcune pasticcerie e negozi specializzati, ma vi consiglio di provare anche a prepararli voi stessi a casa.
Ecco la ricetta tradizionale dei Sabadoni:
Gli Ingredienti sono i seguenti:
- 250g di farina 00
- 150g di zucchero semolato
- 100g di burro senza sale possibilmente
- 2 uova freschissime
- 1 cucchiaino di lievito in polvere
Istruzioni:
- In una ciotola, mescolate la farina e il lievito.
- Aggiungete il burro fuso e lo zucchero e mescolate bene.
- Unite le uova e lavorare l'impasto fino a ottenere una consistenza omogenea.
- Prendete piccole porzioni di impasto e formate dei cilindri leggermente bombati.
- Disponeteli su una teglia foderata con carta da forno.
- Infornate a 180°C per circa 15-20 minuti, o finché i Sabadoni non saranno dorati.
- Lasciateli raffreddare completamente prima di servirli.
Ecco a voi i Sabadoni, una specialità dolce della Romagna che incanta i palati di grandi e piccini da secoli. Preparateli e condivideteli con i vostri cari, scoprendo l'essenza della tradizione culinaria romagnola.
Questo conclude il nostro episodio su "Sabadoni: La Delizia Dolce della Romagna". Speriamo che abbiate apprezzato questa incursione nella storia e nella preparazione di questo squisito dolce.
Unisciti a noi la prossima volta quando esploreremo altre meraviglie culinarie dell'Italia.
Ciao a tutti e buona cucina!
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{29} PERCHE' SI CHIAMA KETCHUP?
Salve amici bentornati su i 100 secondi con chef walter PotenzaPerché si chiama ketchup?
Si chiama ketchup perché deriva da una salsa cinese chiamata "Ke Tsiap".
Una salsa dal sapore intenso e gustoso, imprescindibile nel condimento di hamburger e hot dog, ma anche buonissima sulle patatine fritte.
Per cercare le sue origini dovete spostarvi in Cina e non negli Stati Uniti, come molti credono.
Questa buonissima salsa dal colore rosso è composta da una base di succo di pomodoro, arricchito dal sapore della cipolla, dell'aceto, dello zucchero e di alcuni aromi. In origine, era una salsa cinese a base di pesce sott’aceto dal nome "Ke Tsiap" che venne importata in Occidente dai marinai inglesi nel XVIII secolo.
Un barattolo di ketchup si trova sempre in casa e se sapete come fare la maionese ne preparate una bella quantità, se avete senape, cetriolini, pomodori e insalata, siete pronti per preparare una gustosissima cena a base di hot dog, hamburger e patatine fritte.
Ed e tutto con i 100 secondi di oggi. Ci risentiremo al prossimo giro.
Buona cucina a tutti.
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{28} PERCHE SI CHIAMA HAMBURGER?
Salve amici bentornati su i 100 secondi con chef Walter Potenza.
Perché si chiama hamburger?
Si chiama hamburger perché ricorda la bistecca di Amburgo.
Hamburger è l’abbreviazione di "Hamburger steak"che vuol dire bistecca di Amburgo perché, per la prima volta, la carne inserita in un panino era stata mangiata in Germania. Questa bistecca di Amburgo ha preso talmente piede negli Stati Uniti che ben presto, nel giro di pochissimi anni, il panino farcito di carne è diventato il simbolo di un intero Paese che ha fatto nascere catene di ristoranti e fast food che si sono stabiliti in tutto il mondo. Gli hamburger si mangiano ovunque: nei fast food, ma anche nei ristoranti stellati, nei chioschetti per strada o a casa.
Questi panini ripieni di carne macinata e conditi con salse, insalate, formaggio, pomodori e chi più ne ha più ne metta, sono forse i più famosi panini del mondo.
Se arrivano in tavola hamburger e patatine per cena è una festa per tutti.
Ed e tutto con i 100 secondi di oggi. Ci risentiremo al prossimo giro.
Buona cucina a tutti.
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{27} IL FORMAGGIO DI FOSSA
Salve amici; bentornati su sapere i sapori, il podcast che tutela, promuove e tramanda la cultura gastronomica Italiana.
Sono lo chef Walter Potenza. Oggi parliamo del Formaggio di Fossa
Il formaggio di fossa è un tipo di formaggio italiano a pasta semidura che viene prodotto in alcune regioni del centro-nord Italia, principalmente nelle regioni dell'Emilia-Romagna e delle Marche. È noto anche come "formaggio di fossa di Sogliano" o "formaggio di fossa di Talamello", a seconda della zona di produzione. La produzione del formaggio di fossa è un processo unico. Si inizia con la preparazione del formaggio a base di latte vaccino crudo, che viene solitamente fatto cagliare con l'aggiunta di caglio naturale. Dopo la fase di mungitura, il formaggio viene lavorato manualmente e poi lasciato stagionare per un breve periodo.
Successivamente, i formaggi vengono trasferiti in delle fosse scavate nel terreno, solitamente realizzate in ambiente tufaceo. Le fosse sono tradizionalmente allineate e ricoperte di paglia o di canne di bambù per preservare l'umidità e promuovere la fermentazione del formaggio. Le fosse vengono quindi sigillate e il formaggio viene lasciato a maturare per un periodo che varia solitamente da due a quattro mesi. Durante il periodo di maturazione, si sviluppa un ambiente particolare all'interno delle fosse, caratterizzato da una combinazione di umidità, temperatura e batteri presenti nel terreno. Queste condizioni favoriscono la fermentazione del formaggio e contribuiscono alla creazione di aromi e sapori unici. Alla fine del processo di maturazione, i formaggi vengono estratti dalle fosse e pronti per essere consumati. Il formaggio di fossa ha un sapore intenso e aromatico, con note terrose e leggermente piccanti. Si abbina bene con miele, confetture di frutta, noci, pere e pane croccante. È spesso gustato da solo come formaggio da tavola, ma può anche essere utilizzato in cucina per arricchire piatti di pasta, risotti o insalate. È un formaggio piuttosto pregiato e difficile da trovare al di fuori delle regioni in cui viene prodotto.
Ed e' tutto per oggi sul formaggio di fossa, ci risentiremo al prossimo episodio.
Buona cucina a tutti!
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[26] LA TORTA TENERINA FERRARESE
Salve amici; bentornati su sapere i sapori, il podcast che tutela, promuove e tramanda la cultura gastronomica Italiana.
Sono lo chef Walter Potenza
Oggi parliamo della Torta Tenerina
La torta tenerina è un dolce tradizionale della cucina italiana, originario della città di Ferrara, nella regione dell'Emilia-Romagna. È conosciuta anche come "torta al cioccolato di Ferrara" o "torta Margherita".
Nelle sue zone di origine, la torta tenerina viene anche chiamata anche “montenegrina”. Il riferimento è al paese balcanico, ma non si tratta di una contaminazione di sapori, quanto di un felice matrimonio. In particolare, quello tra Vittorio Emanuele III, Re d’Italia, e Elena Petrovich del Montenegro. I due, incontratisi al Teatro La Fenice di Venezia, si sono sposati il 24 ottobre 1896 e le cronache dell’epoca raccontano che fossero molto innamorati.
La Regina Elena, in particolare, divenne presto famosa per essere una donna dolce e dal cuore tenero, proprio come la torta ferrarese che le venne, quindi, dedicata. Tuttavia, dal punto di vista della preparazione, la torta Tenerina non ha niente di balcanico, ma appartiene piuttosto alla categoria tutta francese dei Moelleux au chocolat. Vediamo, dunque, qual è la ricetta per prepararla e qualche consiglio per ottenere un risultato perfetto.
La caratteristica principale della torta tenerina è la sua consistenza umida e tenera. È composta principalmente da cioccolato fondente, burro, zucchero, uova e farina.
La ricetta tradizionale prevede l'uso di ingredienti di alta qualità, in particolare il cioccolato fondente, che conferisce al dolce un intenso sapore di cioccolato.
La preparazione della torta tenerina è relativamente semplice. Il cioccolato fondente e il burro vengono fusi insieme a bagnomaria, poi si aggiunge lo zucchero e le uova. Infine, si incorpora la fecola di patate setacciata fino a ottenere un impasto liscio e omogeneo.
L'impasto viene versato in una teglia imburrata e infarinata e poi cotto in forno a temperatura moderata per circa 20-25 minuti. La torta sarà cotta quando la superficie sarà leggermente crostata ma l'interno rimarrà morbido e umido.
La torta tenerina è spesso servita accompagnata da una spolverata di zucchero a velo e può essere arricchita con una salsa al cioccolato o con una pallina di gelato alla vaniglia.
È un dolce molto amato dagli amanti del cioccolato per la sua consistenza unica e il sapore intenso, e naturalmente da quelli affetti a sintomi di celiachia.
Ed e' tutto per oggi sulla torta Tenerina, ci risentiremo al prossimo episodio.
Buona cucina a tutti!
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{25} BIGOLI IN SALSA D 'ANATRA
Sapere I Sapori condivide un prelibato piatto Veneto " i bigoli fatti con un sugo di anatra", ricetta alquanto semplice ma gustosissima.
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Buona cucina
{24} IL FRICCÒ AL MONTASIO
Lo Chef Walter Potenza presenta: Cosa cuciniamo oggi? Il friccò al Montasio e mele.
Il frico al Montasio è un piatto tipico della cucina friulana, che consiste in una sorta di frittata di patate e formaggio Montasio, un formaggio a pasta filata prodotto in Friuli-Venezia Giulia.
Per preparare il frico al Montasio, occorre innanzitutto sbucciare e grattugiare le patate, che vengono poi mescolate con il formaggio Montasio grattugiato e un po' di farina. Il composto così ottenuto viene poi cotto in una padella antiaderente con un po' di olio, fino a formare una sorta di frittata croccante e dorata da entrambi i lati.
Il frico al Montasio può essere servito come antipasto o come secondo piatto, accompagnato da insalata mista o verdure di stagione. È un piatto molto saporito e sostanzioso, ideale per le fredde giornate invernali.
(23) LA PASTIERA NAPOLETANA
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{22} LA CUCINA EBRAICA A VENEZIA
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{21} STORIA DEL RISOTTO ALLA MILANESE
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{20} IL RISOTTO
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{19} LE PASTE RIPIENE
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{18} LA CUCINA ISCHITANA
Sapere I Sapori nella cucina di Ischia, con narrazione dello Chef Walter Potenza.
Educazione culinaria per tutti.
(17) MANGIAFOGLIE NAPOLETANI
In questo episodio di Sapere I Sapori lo Chef Walter Potenza parla dei mangiafoglie di Napoli, e la sua origine storica.
Disclaimer
Le informazioni riportate rappresentano indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere medico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre bene affidarsi ai consigli del proprio medico curante o di un esperto di nutrizione.
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Le opinioni espresse in Sapere + Sapori newsletter sono quelle degli autori e non riflettono necessariamente la politica ufficiale o la posizione di Sapere I Sapori. Qualsiasi contenuto fornito dai nostri blogger o autori è delle loro opinioni non sono destinate a diffamare nessuna religione, gruppo etnico, club, organizzazione, azienda, individuo o chiunque o qualcosa.
(16) 5 COSE SUL PECORINO
In questo episodio di Sapere I Sapori lo Chef Walter Potenza descrive le importanti nozioni da sapere sul formaggio Pecorino per garantire la giusta dose di conoscenza quando si acquista.
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Le nostre ricette vengono tecnivamente preparate nella nostra scuola di cucina negli Stati Uniti. Speriamo che siano di vostro gradimento. Grazie e buona cucina. Walter
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(15) COME FARE LA TJELLA BARESE
Il classico piatto Barese la tjella spiegato in 100 secondi dallo Chef Walter Potenza
(14) LE PARDULAS
Le pardulas, in sardo campidanese, ovvero le casatinas, in sardo nuorese, sono uno dei dolci tradizionali sardi della Pasqua. Sono piccole tortine a base di ricotta o di formaggio, che possono essere più o meno zuccherate, avere aroma di arancia o limone più o meno accennato. Questo dolce caratteristico dell'inizio della primavera conserva negli ingredienti, nelle forme e nelle tecniche di preparazione interessanti tracce riconducibili alla loro antica origine.
(13) I CANDELAUS DOLCI SARDI
Dolce antichissimo composto da una sottilissima sfoglia di pasta di mandorle, glassata, che ricopre un morbido impasto di mandorle fresche, tagliato a scaglie, aromatizzato con acqua di fiori d'arancio.
(12) I BIANCHINUS SARDI
(11) I BELLIXEDDUS DELLA SARDEGNA
(10) AMARETTI SARDI
(9) IL BOLLITO PIEMONTESE
(8) BISTECCHE ALLA VALDOSTANA
(7) LIGURIA TERRA DELLA CABANNINA
(6) UOVA ALLA BELLA ROSINA
(5) LO GNOCCO DI ARTUSI
(4) LA FOCACCIA ANALIZZATA
Il podcast narra la storia della focaccia, e di alcune varianti nazionali
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(3) CULATELLO DI ZIBELLO
Tra i salumi pregiati, il Culatello di Zibello è sicuramente il Re. E un salume a denominazione di origine protetta, tipico della provincia di Parma. Viene citato esplicitamente per la prima volta in un documento del Comune di Parma del 1735, in cui venivano elencati i prezzi dei prodotti ottenuti dalla lavorazione del maiale. Già allora fu evidente il prestigio di questo prodotto, il cui prezzo risultava infatti il più elevato dell'elenco. Il salume comparirà poi in numerosi altri atti, come nel “Calmiero della carne porcina salata”, in cui vengono citati i “culatelli investiti”, ovvero insaccati.
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(2) CARCIOFI ALL GIUDIA
In questo episodio lo chef Walter Potenza parla dei carciofi alla giudia, un piatto tipico della tradizione culinaria romanesca derivante dalla cucina ebraica: nel ghetto ebraico di Roma era tradizione consumare i carciofi fritti dopo il digiuno del Yom Kippur, la festa dell'espiazione in cui si digiuna e ci si dedica solo al raccoglimento e alla preghiera.I carciofi alla giudia sono un piatto semplice ma estremamente gustoso. Il segreto risiede negli ingredienti: i cimaroli o mammole, ossia i tipici carciofi romani sferici e senza spine, che nel 2002 hanno ottenuto il riconoscimento a livello europeo di Identificazione Geografica Protetta IGP.
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(1) IL BORBONE, SAVOIA E LA PIZZA
L'episodio parla della storia, e della intricata relazione fra il Borbone e la reale Casa Savoia nel Regno delle due Sicilie, con la pizza.
Grazie per l’ascolto e buona cucina.
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Grazie e buona cucina. Walter
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